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Alberto Mancinelli si racconta!

Nel web si fa spesso fatica a comunicare rapidamente e velocemente, si ci perde e si ci ritrova (forse). Noi abbiamo pescato Alberto Mancinelli, siracusano d’origine in occasione della pubblicazione del suo nuovo disco. Qui la nostra discussione virtuale.

 

Ciao Alberto, grazie per aver accettato di dedicare il tuo tempo per la nostra rivista. Abbiamo letto che hai una storia importante alle spalle ed oggi ti rimetti in gioco con un nuovo album, volevamo chiederti cosa ti aspetti innanzitutto dal disco e che differenze noti nella gestione del lancio di un disco tra oggi ed il tuo passato?

Grazie a voi per avermi contattato. Col tempo ho imparato a non crearmi troppe aspettative un po’ su tutto. Spero che l’album arrivi a più gente possibile e riesca a creare suggestioni tali da volere riascoltare alcune o tutte le canzoni. Riuscire ad aprire una porta e raggiungere già solo una persona per me è più che un successo. Non è mai scontato. Sulla gestione del lancio di un disco e le differenze fra oggi e il passato, non saprei rispondere. Perché nel passato non mi sono mai affidato a qualcuno per lanciare la mia musica. Ho sempre fatto tutto da me, visto che non mai trovato interlocutori interessati alle mie canzoni. E ti assicuro che di gente ne ho contattata tanta.

Qual è stata l’esigenza artistica che ti ha portato a pubblicare un nuovo disco (anche se con alcuni pezzi scritti non proprio recentemente)?

Un’esigenza squisitamente personale. C’erano delle canzoni che avevo registrato e arrangiato in passato che non mi convincevano del tutto. Volevo riprenderle e rivestirle con nuove perline colorate. E c’era la possibilità di lavorare con Antonio Gramentieri, alias Don Antonio, che conosco personalmente da alcuni anni. A mio parere uno dei migliori talenti musicali in circolazione, la cui visione musicale è molto vicina alla mia.

Con chi ti piacerebbe collaborare e cosa ne pensi dello stereotipo del cantautore moderno?

Non saprei risponderti. Non seguo molto tendenze, mode o artisti del momento. Molti dei musicisti con cui avrei collaborato sono già defunti o quasi. Forse Cesare Basile o Jeff Tweedy, ahahah. Quale sarebbe lo stereotipo del cantautore moderno? Deve avere la barba e io ce l’ho.

In un periodo in cui le persone sembrano aver perso un po’ l’interesse per un certo tipo di musica “impegnata”, non hai paura che il tuo disco possa rimanere inascoltato? O credi nella filosofia “pochi ma buoni”?

Ecco, forse “musica impegnata” è uno stereotipo. Mi riporta alla mia infanzia quando per radio ascoltavo decine di cantautori la cui musica aveva una forte connotazione politica, sociale. Ma erano anni in cui tutti erano “impegnati in qualcosa”. Per me musica impegnata significa fatta con impegno e cognizione di causa. Anche la musica pop più ballerina e allegra può essere impegnata. Non so…che vuol dire musica impegnata? Un triste cantautore che canta ballate depresse? Pure questo è uno stereotipo. So che ci metto molto impegno a scrivere canzoni e a registrarle coinvolgendo altri musicisti. Non ho paura che il mio album resti inascoltato perché le mie canzoni spesso sono rimaste inascoltate. Comunque, la mia musica è lì da qualche parte, se a qualcuno piace buon per me (e per lui).

A quale traccia del disco ti senti più legato? Cambieresti qualcosa del tuo disco?

Non cambierei nulla del disco. È venuto proprio come volevo, anzi meglio. Sono più legato a due pezzi. Il primo, “Lentamente”, perché l’avevo scritto 18 anni fa e aveva un arrangiamento completamente diverso. E l’ultimo pezzo, “Da qualche parte”, perché l’avevo scritto una decina di giorni prima di registrare e il cui risultato finale mi ha sorpreso in tutti i sensi.

Quali sono i tuoi progetti futuri ed i tuoi prossimi immediati passi?

Non ho progetti futuri. Magari registrare un altro album, magari no. Forse smetto pure di scrivere o suonare, chissà. Seguo come va la promozione del disco e magari destare l’interesse di un’etichetta che renda più visibile e udibile la mia musica.

 

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