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Adriana Spuria, storia di una cantautrice.

Adriana Spuria, storia di una cantautrice.

Abbiamo scambiato due chiacchere con Adriana Spuria che ci ha raccontato un po’ la sua storia. Buona lettura!

Ciao Adriana. Raccontami un po’ com’è cominciata la tua storia nel mondo della musica!
Da piccola ho scoperto di avere una relazione molto profonda con la musica. Già dall’età di 6/7 anni, ascoltando alcune canzoni, riuscivo a capirme il “linguaggio”, le logiche che non erano razionali ma molto più vicine alla sistematicità universale. Parliamo di emozioni! Tra l’altro non mi è stato difficile appassionarmi alla musica; ho avuto un padre che ascoltava ogni Domenica musica lirica, una nonna che insegnava pianoforte, ed una mamma che cantava canzoni jazz italiano anni ’40/50…  Come vedi era impossibile essere indifferente a questa fantastica forma d’arte!

Ci credo! La tua prima chitarra?
La mia prima chitarra la comprai appena compii 14 anni. Ricordo benissimo quel giorno! (sorride)

Quale fu la prima canzone che iniziasti a suonare?
Se non vado errato credo di aver suonato per la prima volta un pezzo di Antonello Venditti, “Sotto il segno dei pesci” che sicuramente è molto meno scontato del brano  “la canzone del sole” di Lucio Battisti.

Ti chiedo questo perché ormai sempre meno bambini si approcciono a questo strumento…
Guarda, io do lezione a ragazzini di quell’età. E’ necessario avere un particolare rapporto con la musica sin da piccoli. E’ una passione che devi avere dentro dalla nascita!

… Tra l’altro hanno anche tolto le ore di “educazione musicale”.
Si, ma ci sono alcune scuole ad indirizzo musicale, e poi ci sono le attività extrascolastiche pomeridiane che portano avanti una sorta di educazione musicale.  Io per esempio sono d’accordo col fatto di togliere la diamonica o il flauto dolce… Che noia! Mettete una chitarra o un piano. La chitarra è uno strumento ritmico e melodico e anche di socializzazione. Lo strumento a fiato ti da il senso della melodia, ma la chitarra è proprio un altro mondo, puoi cantare e suonare insieme ad altri, così da conoscerti meglio sotto molti punti di vista. Probabilmente il flauto dolce è comodo per la didattica.

La penso come te! Dai 12 anni in poi cos’è successo?
Dai 12 ai 18 ho continuato a suonare la chitarra. Avevo i miei libri con i vari accordi, e provavo a fare le canzoni. Quando sei audtodidatta i tuoi errori (inevitabili) in realtà diventano le tue caratteristiche! Questo, associato a un’interpretazione soggettiva delle cose, ti rendono davvero originale. Tuttabia improvvisamente c’è stato un sorta di blackout durato un paio di anni. Andai a vivere a Milano dai 19 ai 23 anni, e lasciai perdere tutto a causa di uno stile di vita un po’ diverso; lavoravo, mi divertivo, e conoscevo il mondo sotto altri punti di vista. Ripresi a suonare a 23 anni, riprendendo le lezioni a Milano. Prima tenni alcuni corsi di canto con Tiziana Ghiglioni da uditrice, ovvero da esterna. In seguito tornai a Siracusa e continuai qui a studiare musica lirica con Giovanna Collica, apprendendo un minimo di impostazione e l’uso del diaframma. Alla fine studiai con Rosalba Bentivoglio. Nel 1997 ho iniziato a scrivere, accompagnandomi con una nuova chitarra che grazie al suo suono molto coinvolgente mi stimolò molto nel comporre!

Quindi stiamo arrivando ad Adriana che scrive. Come avviene la composizione dei tuoi pezzi?
Le mie composizioni nascevano con la chitarra. Tuttavia col tempo mi rendevo conto che le strutture dei pezzi si assomigliavano un po’ troppo, cosa che non accadeva quando usavo il piano per i miei brani. Così tralasciai un attimo il primo strumento per focalizzarmi maggiormento sul secondo, grazie al quale riuscivo a produrre melodie che registravo man mano. Mi si è aperto un universo davanti… e da allora cominciai un processo di crescita incredibile. Recentemente ne sto sperimentando un altro che ha più a che fare con la poesia, ma ancora niente di concreto!

Hai collaborato con altri musicisti nel tuo percorso?
Si, ho suonato con diverse band e ho conosciuto un sacco di musicisti grazie alla quale ho fatto molte esperienze. Per sei, sette anni sono stata in giro per l’Italia suonando solo con la chitarra e la mia voce, ma ad un certo punto sentì l’esigenza di avere una band. Non è facile suonare in un gruppo quando sei abituata a suonare da sola, ma senti che era l’unico modo per poter crescere musicalmente! Siamo un po’ come le patate che si strofinano una con l’altra per pulirsi! Abbiamo bisogno degli altri, è necessario per migliorare!

Com’è stata la tua esperienza artistica in l’Italia? Il tuo rapporto con le altre città in cui sei stata?
Probabilmente Milano è la mia seconda casa. Non è vero ciò che si dice in giro, soprattutto di noi meridionali. Ho avuto più difficoltà a stare in Sicilia che lì. Stavo benissimo pure in Emilia Romagna, mi sono trovata benissimo per via del senso civico, del rispetto! Mi piaceva il fatto che se quella cosa è così, è così! Serietà professionale e sul lavoro! Ho aperto un concerto degli Ustmamò al festival dell’Unità di Modena ed è stata bellissimo.

Cos’è cambiato nel corso degli anni nello scenario musicale e culturale secondo te?
E’ cambiato tutto!  C’è stata un’involuzione culturale talmente forte che il gusto dell’arte è sceso ad un livello di subcultura che nemmeno in Messico hanno. Questo è il mio punto di vista… non saprei cos’altro aggiungere! Se ovviamente la richiesta musicale è questa, non vedo perché l’offerta non debba esser così scadente. C’è stato proprio un declino del costume, non abbiamo una figura intellettuale da prendere come punto di riferimento o magari poterci appigliare. Negli anni ’80 ad esempio mi ricordo che ad ogni manifestazione di moda a Milano c’erano mostre bellissime. Adesso non so come sia, dicono che le cose stiano cambiando di nuovo e me lo auguro. La responsabilità è anche di quei finti alternativi che dovrebbero dire qualcosa ma che invece non dicono niente. Non c’è ricerca musicale. Non ci sono più i Talking Head, non basta avere le barbe hipster per cambiare le cose. Poi non parliamo dell’altra musica che passa per Sanremo. Se tutto è così cosa ci dobbiamo aspettare? Noi invece siamo quelli che si autoproducono ma che non siamo supportati (soprattutto economicamente), allora penso proprio che gli ascoltatori si meritino musica neomeolodica ed il pop rock di decima categoria. Ma spero sempre che le cose cambino. Se le persone cominciassero a comprare la musica invece che scaricarla, probabilmente il mercato e la situazione musicale potrebbe cambiare.

Esattamente. Progetti futuri per te?
Mi sto rimettendo in gioco come sempre! Spero di trovare qualcuno che possa credere in me, con cui possa lavorare. Sono aperta a qualsiasi collaborazione, non mi precludo niente.

Ringraziamo Adriana per la sua disponibilità e v’invitiamo a seguirla nei suoi canali social.

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